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      Tempo non è egli forse che noi ricalchiamo la maestosa via Consolare Romana che non avremmo dovuto abbandonar mai, e ch'ei presago e magnanimo ne addita?
      Adopriamoci adunque quanto più si possa per rendere imminente il giorno da lui intraveduto e presagito; quel giorno in cui il popolo generoso, colla scorta de' precetti del suo Eroe, correggerà le colpe de' reggitori traviati.
      Prevedendo gli imminenti ed oggimai avveratisi pericoli e danni che codesta sconciatura d'alleanza ne fa pendere sul capo; - angosciato dal vedere Italia - quest'Italia pur dianzi sbranata dall'Austria - prosternata oggi alla sua peggiore nemica, mercè vergognosi protocolli che voglionsi "distruggere col ferro in pugno"; - stomacato dal pensiero che la casta, oggi predominante al governo della cosa publica, va più e più sempre trattando l'Austria come cosa salda; preso da irrefrenabile sdegno e con parole di fuoco, egli così manifesta il proprio rovello:
      - "Lo dichiaro risoluto e nel modo il più formale e il più esplicito: il paese è ingannato: esso è tradito ne' suoi più vitali interessi: frustrato nell'aspirazioni sue più legittime: esso è raggirato da subdoli consiglieri perversi, inetti ieri, infami oggi per quanto concerne la tramata e pattuita alleanza, con tanta enfasi decantata, con tanto ardore magnificata, e con tanto rossore dall'universale subìta."
      - "Quali ch'essi sieno, comunque splendido il loro passato, io li temo nemici, da ch'essi sono amici dell'Austria inimica. Che se essi hanno perduto la memoria de' freschi strazi patiti, tanto più importa che noi li ricordiamo loro temendo.


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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