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      - "Dissennati, che nè sanno apprezzare li amici, nè detestare li inimici; - che reputano Italia nostra dimentica dell'ieri, incurante dell'oggi, non presaga dell'imminente domani!"
      E quì con istile amaro e sdegnoso, come lo stato dell'anima sua a que' dì, egli si scaglia contro "questi cinici interruttori del nostro nazionale risorgimento;" - contro questi "omicidi della Nazionalità;" contro questi "nemici del ben publico" - i quali "genuflessi davanti a' faraoni austro-prussiani" - "con quell'eterna servilità, cardine perpetuo d'ogni loro principio politico" - "fanno mercato infame della riputazione, dell'avvenire, della dignità d'Italia, saltando con sì rapida vece dalla rivoluzione alla reazione e dalla Nazionalità al suo contrario."
      E, considerazione notabile invero, egli constata che mercè la vilezza di cotali ministri, che - zelando gli interessi austro-dinastici, non hanno più tempo d'essere patrioti - quell'Austria barcollante sull'orlo dell'abisso, - che dovea dissiparsi al soffio infocato di nostra Nazionalità - mercè loro rassicurata, oggi ripiglia col vigore l'audacia, s'atteggia minacciosa e provocatrice, mentre sotto i nostri occhi con procedere truce va pur esacerbando le piaghe de' nostri fratelli di Trento e di Trieste, e di quant'altri Italiani anelano ricongiungersi sotto l'istesso nazionale vessillo.
      I fatti oggi lo provano. E ben si parve testè con quanta rabbia, con quanta ferocia, l'Austria contrastava all'irradiazione dell'idioma d'Italia, all'irradiazione di nostra civiltà. Alludo allo sperperamento della Lega generosa intitolata: Pro Patria.


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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