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      A ogni modo, o Italiani, altri vi dica quello che vi piace, io voglio dirvi quello che vi giova, anteponendo io l'azione ove sia pericolo, all'inerzia ov'č sempre colla vergogna il danno."
      - "O Italiani, soffrite ch'io ve lo dichiari: in su' primordî del nostro risorgimento ci precorreva la gloria; oggi, grazie alla sfrenatezza di reggitori dissennati, egli č pietā a considerare come paia all'opposto correrci dietro la infamia mia. Noi coll'Italia rigenerata e redenta sperammo dischiuso il periodo dell'epoca eroica, non giā della politica obbrobriosa, pedissequa. E costoro - servili ed ingrati per tradizione ed istinto - coll'ingeneroso voltafaccia alla Francia vinta, invasa, dissanguata, spogliata, hanno reso contennendo all'estero il nome italiano - hanno menomata la maestā ed il prestigio della nazione - e noi, la mercč loro, siamo tenuti in conto di poco fidi amici e di poco formidabili nemici."
      E in questa forma egli inveisce contr'essi:
      - "Dunque hanno costoro ad essere mai sempre e felicemente infami? E noi codardamente buoni?"
      - "Nč rompiamo la guerra, nč godiam della pace. E lo stato nostro presente non č pace assicurata, anzi una guerra - tremenda guerra d'esterminio - differita con tutto nostro disavvantaggio."
      Continua poi con appassionati accenti deplorando che Italia, ch'oggi rappresenta una parte cospicua nel concerto europeo, e potria far preponderare la bilancia dalla parte del giusto, s'atteggi invece costantemente proclive a farla predominare verso l'iniquitā e l'ingiustizia, d'accordo sempre mai co' prepotenti, co' violenti.


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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