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      Di questo popolo antichissimo, grande per tanti rispetti e benemerito, ma frantumato oggi e disperso ed assorbito in gran parte, gioverà dire alcun che, e lo farò colle parole d'uno scrittore della decadenza greco-romana. Ecco in che termini Gemisto Pletone, ultimo e per avventura il più eccelso scrittor bizantino, esalta la Nazione Slava, ne sublima il genio e la gloria, ne tratteggia i confini: "La nazione dei Traci (Slavi) è antica e delle maggiori che sieno al mondo: io non dico solamente di quella di qua dal Danubio, le abitazioni della quale si distendono per insino dal Mar Nero all'Italia; ma intendo parimente di quell'altra parte di là dal Danubio, i quali favellano la medesima lingua che questi di qua, e tengono un tratto di paese che va infino all'Oceano che è da quella banda, e infin presso a quel continente che per lo estremo del freddo è disabitato: ed anco questa parte è molta e più assai di quella di qua dal Danubio. Questa gente, per essere animosa e di non rozzo sentimento, non fu senza il suo pregio insino ab antico. Perocchè colui che in Atene instituì quei misteri eleusini, il suggetto dei quali si era l'immortalità dell'anima, fu Eumalpo trace; e da essi Traci è fama che la Grecia apprendesse il culto delle Muse. Ora una gente usata di onorare le Muse, non può essere goffa nè incolta; e così una che abbia riti e credenze attinenti alla immortalità dello spirito umano, non può essere d'animo ignobile."(40)
      Ed ora un tanto popolo langue torturato, depresso, dissipato e tripartito fra Prussia, Austria, Turchia!


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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