Redimiano intanto col pensiero e coll'animo tutti codesti Slavi diseredati della Nazionalità, in attesa d'emanciparli in guerra aperta coll'armi.
VII°.
La Romania
Tra il Tibisco e il Dunastro
Le stirpi di Roma non gemono soltanto al di qua dell'Alpi, sotto il flagello dell'Austria, ma eziandio nell'estremo oriente d'Europa, in Transilvania, nella Bucovina, nella Temesiana e nella Marmazia, vittime del giogo austro-mongolloCon queste parole Garibaldi saluta le vigorose propaggini di Roma in oriente, la progenie de' prodi legionari romani di Trajano, i figli della Romania insomma(44), "questa quinta "gran corda, e la non meno armonica, dell'insigne Lira Romana."
E qui egli deplora che la Romania, "patria di que' simpatici fratelli nostri nelle cui vene scorre l'istesso sangue romano" - "il cui risorgimento fu coevo al nostro:" - "nostro il loro nemico: - nostre l'aspirazioni loro: il loro danno, nostro danno, e l'utile, utile nostro, - sia stata, finora per noi quasi una terra incognita e ciò grazie "all'interessata connivenza dell'Austria, - cui espressamente premeva d'alienarci da essa - e della chiesa cattolica, essendo la Romania "l'unico paese romano non inceppato dalle pastoie del cattolicismo."
Accennati i tentativi incessanti dell'Austria nel teutonizzare la Transilvania, mercè la sovrapposizione di colonie sassoni, in quella terra ove ardentissimo batte il cuore della gente romena, - egli passa con accenti fierissimi a stigmatizzare l'iniqua l'opera di denazionalizzazione intrapresa dagli Ungheresi, i quali dall'anno 1867 in poi vanno spiando ogni alito di nazionalità ne' Romeni, ed insidiosi vorrebbero spegnerlo, collo strappar di biocca a quel nobile popolo il dolce idioma patrio, - e l'un di più che l'altro vogliono per maledetta forza assimilarsi que' figli di Roma.
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