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      E turpi, svergognate addirittura le blandizie verso l'Austria a contemplazion della Prussia.
      E mentre il prostituirsi all'esterno e all'interno il corrompere venivano elevati a sistema di governo, egli andava maturando il concetto supremo, l'idea fondamentale che informa il suo Testamento. Vo' dire la redenzione di quanti soggiacciono oppressi in Europa, mercè la federazione di Romani e di Slavi.
      Rimutando di pianta, correggendo, amplificando, allargando il tema complicato e larghissimo, secondo gli veniva il destro, o le circostanze e gli avvenimenti il volevano, questo concetto d'universale riscatto crebbe, giganteggiò nella sua mente sotto preoccupazioni sì dolorose, sì orribili.
      E ch'egli - pur misurando i perigli dell'altissima impresa e le sue probabilità di successo - mal frenasse l'ira e il dolore per cotante brutture, ne danno saggio le non poche sentenze sfolgoranti di verità, e le apostrofi irruenti ch'io nella loro integrità ho qui riportate.
      Da quelle amare invettive, - e dall'Indegna alleanza che le ha provocate, e più che mai dalla codarda tristizie di chi l'accettò o la promosse - chiaro si scorge lo stato dell'animo suo a que' dì, e com'egli pur si sentisse l'interprete verace e solo del sentimento nazionale italiano.
      Ma perchè, perchè mai egli non fulminava in allora, sugli anni declinanti del viver suo - conforme gliene correva il debito e seguendo gli impulsi di sua generosa natura - quelle transazioni turpissime?
      Perchè?
      Per non divampare la magnanima ira sua, ma rovente concentrarla in quelle calde pagine palpitanti di verità. Fermo alloramai a posporre l'opera immatura, intempestiva a quella ponderata e certissima, ravviluppossi in dignitoso silenzio di cui noi tutti gli sapremo grado.


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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