Epperò A.C. Rosetti e gli altri amici miei di parte liberale, in allora preponderanti al governo, mi vollero insignito del massimo ordine equestre romeno.
Ma l'Austria invigilava. Io ero sorvegliato, spiato, tenuto d'occhio. E qui - a dimostrare come la triplice alleanza, in apparenza da soli 8 anni conclusa, era già fermata fin da que' dì, - ricorderò come il più fido ausiliario dell'Austria, il più rabbioso mio detrattore fosse giust'appunto il rappresentante d'Italia in Bucuresci a que' tempi(68).
Non però, ad onta d'ogni pericolo, trappola, minaccia frappostami, l'opera mia procedeva men felice. Io sottoponeva frattanto al giudicio di Rosetti, e di Liubibratich il Testamento politico, già confidatomi dal Generale, massime ne' punti concernenti la lega con Russia e Francia, l'annichilamento dell'Austria, la risurrezion della Polonia, la reintegrazione della Romania Trajana, e la creazione de' due novelli stati Czeco-Slavi e Slavo-Balcanici.
La tirannia dello spazio mi vieta dal pur accennare con quali espressioni di giubilo, con quanto giovanile entusiasmo i due vecchi cospiratori e nemici dell'Austria accogliessero il grande concetto di Garibaldi, discutendolo, ma encomiandolo e proponendo modificazioni lievissime, che il Generale di buon grado accettava.
Passo sorvolando sopra le peripezie tutte da me corse, i pericoli superati, le avversità patite e vengo al mio ritorno in Italia.
Dovend'io di necessità attraversare lo stato austro-ungarico ove il mio ritorno era aspettato, e segnalato, m'ero posto in sul petto, fra la camicia e la pelle, il documento insigne, determinato prima a morire che lasciarmelo torre.
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