Passai, vigilato, fra una fitta siepe di misteriosi agenti e di birri, Buda-Pest, Vienna, Grad, riposandomi in Trieste. Colà gli amici vollero offrirmi un banchetto, mentre la luogotenenza imponevami d'abbandonar la città entre 12 ore. Chiamato in polizia, ricordo che il birro soprastante che m'intimava lo sfratto, arguto speculava i miei lineamenti, confrontandoli colla mia effigie onde le compiacenti autorità politiche di Genova avevano gratificato i loro fidi colleghi austriaci.
Commoventissimo accordo! Ma preludio di cose altre ben più gravi e perniciose a mio danno!
Qui importa rilevare soltanto la diversità di trattamento che i sudditi dell'Austria ottengono in Italia - che com'è data loro a saccomanno, così ell'è offerta a discrezion de' Tedeschi in genere, vogli ne' commerci, vogli nell'industrie, dovunque; laddove gli Italiani che si recano a Trieste e nell'altre terre nostre irredente per cagion di traffico o per altri rispetti, vengono spiati, insidiati ed espulsi, se non incarcerati, ove in essi predomini il torto imperdonabile di serbare in petto un cuor di patriota.
E infino a quando?
Lasciate le terre italiche violentemente ancora sottoposte all'Austria, io mi pensavo - come tanti altri al paro di me ingenui presupponevano, che la sfera inquisitoriale austriaca non s'estendesse infino al bello italo regno; - in mal punto io credeva che la patria nostra non fosse, come in effetto ell'è, una prefettura austriaca dipendente da Vienna.
Non sapevo per anco, com'oggi tutti sanno, che l'Italia nazione è - nefando a dirsi, ma più nefando ancora a tollerarsi - alleata di nome, ma suddita di fatto dello stato austriaco!
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