Ma avanti d'abbandonare la patria mia, volli, ingenuo troppo ed improvvido - non vo' dissimularlo nè mi giova - trarre in giudizio la direzione delle Ferrovie Romane sulla cui linea avevo patito il furto scandaloso.
Credevo ancora a que' dì alla Giustizia in Italia, o per meglio dire a quella ch'io reputavo che fosse Giustizia - ma non v'andò guari, e l'esperienza insegnavami com'io credessi male, ahi troppo male a dismisura. M'erano ignote ancora le consuetudinarie manovre partigiane di que' malfattori stipendiati, le insidie sfacciate, i cavilli temerarî di quella mala genìa de' curiali, e di quant'altre federate creature dell'Austria, parteggiano a trucidare i cittadini col codice!
Epperò in su' primordî del 1880 commettevo all'avv. Panfilo Ballanti ambo le pòlizze delle valigie, con esso una regolare procura, dandogli impresa di rivendicare le mie giuste ragioni. Ed ora mi conviene scoperchiare la sua tomba vituperosa, proclamando com'egli, deputato e magnetizzato da un non so che Depretis - cinico eviratore, efferato addormentatore - mise la cosa in tacere, pascendomi di lusinghe e di vento.
Qual meraviglia se le istituzioni monarchiche - già per sè stesse incomparabilmente transitorie e caduche - periscano corrose dall'arbitrio, logorate dall'ingiustizia? Qual maraviglia se coll'accumulare tanto tesoro d'odio e di risentimenti giustissimi, esse alla perfine soggiacciano al pondo di nemici implacabili?
Ma fuor di modo sciagurato paese quello, ove così alla scoperta si calpestano le norme le più elementari del diritto; ove si consumano soperchierie cotanto sanguinose, e si veggono indenni del continuo ed impuniti quelli che più scapestrano!
| |
Ferrovie Romane Giustizia Italia Giustizia Austria Ballanti Depretis
|