AMICO. Ma non vi è azione, questo è il male, non vi è azione. Una volta pare che siesi innamorato di una tale donnetta, e poi non se ne parla piú... E Cleobolo va nel Sannio, e poi nella Lucania, e poi non ritorna in Taranto; e... e Platone si trova, senza saper né come né quando, in Sicilia; e poi...
RISPOSTA. Circa gli amori di Mnesilla, non so che dirti. Il testo non ne dice piú; ed io, in coscienza, non poteva aggiugnervi nulla, né dar per fatti le mie invenzioni, in cosa tanto delicata per l'onor del suo amante e di lei. Circa a tutto il resto, ti dico che vi è nell'opera un'azione continuata ed unica ed un disegno regolarissimo. Un ateniese vien dalla sua patria per conoscere i pittagorici e l'Italia; osserva tutto ciò che gli piace di osservare; scrive tutto ciò che gli piace di scrivere; giunge, viaggiando, fin dove vuol giugnere; e ritorna nella sua patria per quella strada che gli sembra la piú comoda. Tu vedi che l'azione è unica ed intera.
Perché non abbia scritto di talune cose e perché abbia scritto di talune altre, perché non sia stato piú lungo, perché non sia stato piú breve, non saprei dirtelo. Gli antichi parlavano e scrivevano in modo diverso dal nostro. Eran lunghi parlando, perché dicevano tutto ciò che era necessario a dirsi; eran brevi scrivendo, perché non scrivevano nulla di piú di quello che era necessario a scriversi. Tra noi moderni una conversazione simile ad un dialogo di Platone a di Cicerone farebbe morir di noia gli uomini di mondo; ed un libro breve, come sono quelli d'Ippocrate, farebbe morir di rabbia gli uomini di lettere.
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