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      Chi vien dall'Attica vede questo insinuarsi in uno stretto che divide Taranto dall'opposta Eobalia, e poscia, dilatandosi, formar uno de' porti piú ampi e piú sicuri che si conoscano. In questo seno, dirimpetto a Taranto, si scarica il picciol fiume Galeso, che molti chiamano Eurota(7).
      Un'isola chiude l'entrata del porto, ed in essa vi è una ròcca, la quale comunica colla cittá per mezzo di un ponte. Altro ponte vi è pure in fondo del seno, ed unisce la cittá ad un promontorio della terra opposta: alla testa del ponte vi è una porta, per cui entrano tutti coloro che giungono a Taranto per la via di mare.
      Quando tu sei sul ponte che unisce la ròcca alla cittá, ti si presentano avanti tre ampie strade, lungo le quali tu vedi, nel tempo istesso, i piú grandi edifici pubblici: da una parte il tempio di Ercole, il teatro, il tempio di Nettuno, il gran circo, il tempio di Mercurio; in mezzo è il fòro; dall'altra le terme ed il museo.
      I capi d'opera delle belle arti abbondano in Taranto, come in Atene ed in Corinto: da per tutto pitture parlanti, statue animate, edifici ne' quali vedi riunite la semplicitá, l'eleganza, la pompa.
      Nearco mi condusse ad osservare i portici che sono nel fòro. Sono ripieni di scolture, che rappresentano la storia di Falanto. Diresti che ad esse non manca che la parola. Tu vedi in un angolo questo intrepido capo de' parteni, che svela ai suoi compagni di sventura la risposta della Pitia, e li invita a togliersi una volta dall'ignominia e dalla miseria, conquistando le nuove sedi che Apollo avea loro promesse.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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