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      Questo mi disse Mnesilla sull'uso delle carni.
      So che taluni pittagorici si astengono anche dalle fave. Narrasi di due, i quali, perseguitati dai satelliti di Dionisio, e non potendo salvarsi altrimenti che attraversando un campo di fave, amaron meglio esser trucidati che contaminarsi col contatto dell'odiato legume. Narrasi questo dello stesso Pittagora(54). Gli accidenti, che si ripetono e si attribuiscono a varie persone, soglion per lo piú esser falsi: son come i motti che nessuno ha detto e che sono sempre attribuiti a mille.
      Ho tentato saper la ragione di questo abborrimento, che molti, non tutti i pittagorici hanno per le fave. Vuoi tu udir ciò che finora ne ho saputo?
      Uno mi ha detto che esse sono abborrite, perché rassomigliano alle porte dell'inferno.
      Un altro: - Noi le reputiamo sacre, perché rassomigliano a quelle parti...
      - Verissimo - ha soggiunto un egizio - a quelle parti di Osiride, che Tifone gettò nel mare e che tanto cercò la buona e sconsolata Iside; e perciò questo costume vien dalla mia patria, donde vi son venute tante altre cose. -
      Un altro: - Non hai tu mai visto che le fave, bollite ed esposte per un certo numero di notti al chiaror della luna, diventan sangue? - Io no, mai. - E pure, credimi: la cosa sta come ti dico io. E Pittagora con quel sangue scriveva ciò che voleva su di uno specchio: lo poneva dirimpetto alla luna, e la sua scrittura si leggeva da tutti impressa sulla faccia del pianeta. La cosa non la sappiamo far piú, ma è certa. -
      Un ateniese finalmente, il quale si ritrova qui, crede, e fermamente crede, che Pittagora abbia vietato l'uso delle fave per rispetto al popolo ateniese, il quale si serve di questo legume per dare i suoi suffragi.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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