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      Voi li solete chiamar "sofisti", come chiamate le Furie "pietose"(69). Di' a taluni di loro che vuoi prender il maneggio degli affari pubblici e che vuoi imparar da lui la scienza del governo. Egli ti dirá di saperla, t'insegnerá qualche precetto, e poco dopo ti congederá dalla sua scuola giá dotto. Egli allora t'inganna, facendoti credere di saper ciň che non sai: non č vero?
      - Č verissimo, o Clinia.
      - Ebbene: a questo stesso uomo confida un tuo bravo desiderio. Digli, per esempio, che tu potresti arricchire a spese del pupillo, che la legge e l'amico morto ti han confidato. Tu sai che la fede č sacra. Ma egli ti dirá che i doveri della fede debbon cedere ai calcoli della utilitá; che... Io inorridisco in ripeterti ciň che egli ti potrebbe dire. Ma, quando ti avrá convinto, che altro avrá fatto, se non farti dubitare di ciň che era certo, farti credere di non sapere ciň che veramente sapevi? Un mio amico di Elea(70), che oggi non č piú tra noi, tali sofisti soleva chiamarli "facitori di simulacri, ma non veri".
      - Essi ti dánno dunque - io dissi - le opinioni proprie come ritratti delle cose che esistono. Fin qui l'intendo. Ma dimmi adesso, o Clinia: che č mai il vero? -
      CLINIA. Lo hai detto tu stesso, o Cleobolo. Il vero č ciň che esiste(71); il vero č l'ente. Dir il falso č lo stesso che dir una cosa che non č.
      Or come riconoscer la cosa che č, e distinguerla da un'altra, che solamente appare? Molte cose ci sembrano e non sono; molte altre sono tali per un momento e poi cangiano.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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