Ma questo metodo può sol valere tra coloro i quali sentano giá l'amore della veritá, ed altro ostacolo non incontrano a pervenirvi che la mancanza dell'istruzione. Che farai tu con un popolo, a cui, prima di esporgli il vero, è necessitá ispirargliene l'amore? Tu devi superare quella natural noia, che lo tien lontano da tutto ciò che è vero; tu devi vincere quelle passioni, che lo allontanano da ciò che è buono. Vincerai la noia destando la sua attenzione, e desterai questa commovendo il suo cuore. Ordinerai allora le idee, che vuoi comunicargli, in modo che déstino il suo interesse e che lo accrescano ad ogni momento, senza lasciarlo mai raffreddare. Dirigerai o vincerai le sue passioni; ed otterrai un tanto fine, se saprai calmarle, destarle, contraporle l'una all'altra, insomma se le conoscerai.
A che dunque si riduce quest'arte retorica di cui tu mi parli? A conoscer gli uomini e le cose.
- Tu - diss'io, - tu dunque, o Clinia, pensi che il bisogno dell'eloquenza nasca dalla nostra corruzione? Sappi che questo istesso suol dire un discepolo di Platone e mio amicissimo, quell'Aristotele di Stagira, di cui ti ho piú volte parlato.
- Ed Aristotele - egli rispose - ha ragione. Se tutti gli uomini fossero savi e buoni, non vi sarebbe bisogno di eloquenza. Or, perché essi si annoiano del vero e non amano il giusto, i savi hanno bisogno dell'arte della parola, come di una parte principale della scienza di ordinare e reggere le cittá(79).
Ma verrá un tempo, e quest'arte passerá dai savi agli oziosi, i quali concepiranno una eloquenza, che non avrá per suo fine né il persuadere né il commuovere, ma quello solamente, come essi diranno, di piacere; e, per ottenere tal fine, si fabbricheranno una rettorica artificiosa, che sopracaricheranno di precetti difficili ed inutili, onde poi possano gli oziosi conseguire il piacere che vi è nel superarli.
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