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      Dentro le mura voi non vedevate che usurpatori e tiranni; moltissimi vili, che vendevan la patria per salvar la vita o per arricchirla; pochissimi buoni, i quali la perdevano per difender la patria: per tutta l'Italia guerra, saccheggi, desolazione e morte.
      Pittagora concepí l'ardito disegno di ristabilir la pace e la virtú, senza di cui la pace non può durare. Egli volea far dell'Italia una sola cittá; onde l'energia di ciascun cittadino avesse un campo piú vasto per esercitarsi, senza esser costretta a cozzare continuamente con coloro, che la vicinanza, la lingua, il costume facean nascer suoi fratelli e la divisione degli ordini politici ne costringeva ad odiar come nemici; e l'energia di tutti, non logorata da domestiche gare, potesse piú vigorosamente difender la patria comune dalle offese de' barbari.
      Egli dava il nome di "barbari" a tutti coloro che s'intromettono armati in un paese che non è loro patria, e chiamava poi "barbari e pazzi" quegli altri, i quali, parlando una stessa lingua, non sanno vivere in pace tra loro ed invocano nelle loro contese l'aiuto degli stranieri. Egli soleva dire agl'italiani quello stesso che Socrate ripeteva ai greci: - Tra voi non vi può né vi deve esser guerra: ciò, che voi chiamate "guerra", è sedizione, di cui, se amassivo veracemente la patria, dovreste arrossire(84). -
      Ma a questa mèta non si poteva pervenire senza virtú e senza ottimi ordini civili: onde non vi fosse chi volesse e chi potesse comprar la patria, chi volesse e chi potesse venderla; ma l'ambizione di ciascuno, vedendosi tutte chiuse le vie della viltá e del vizio, fosse quasi costretta a prender quella della virtú. Era necessario istruir il popolo, perché, diceva egli, un popolo ignorante è simile all'atabulo(85), che diserta le campagne: spirando con minor forza il vento delle montagne lucane, porta sulle ali i vapori che le rinfrescano e le fecondano.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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