Non perciò noi chiamiamo quest'uomo "profeta". Ma mettetelo sul molo, tra diecimila spettatori. Due legni tirano le ancore e spiegano le vele. Mentre si odono i gridi di allegrezza de' marinari, che giá salutano col desiderio la patria a cui ritornano; mentre gli amici da terra loro augurano una prospera navigazione; un uomo si leva e dice agli astanti: - Udite voi quei gridi di gioia? vedete quei due legni, che con vento sí favorevole, con auspíci tanto felici, sciolgon le vele? Infelici, ignoranti del loro destino! Di quei due legni, uno non rivedrá la patria. - Ecco uno de' miracoli che si attribuiscono a Pittagora. Che ha mai detto egli di piú di quello che avrebbe potuto dire e che avrá detto mille volte in sua vita ciascuno di noi? Nulla; il miracolo è nelle sue frasi, e l'ammirazione è nella nostra fantasia.
Talora il piú mirabile di un'azione è l'a proposito. In molti miracoli non ve ne è altro. Pittagora sapeva conoscerlo ed usarne. Spesso un semplice paragone gli serviva di miracolo. Cosí, per esempio, narrasi di lui che era in Agrigento insieme con quell'Abari, che si diceva figlio di Apollo iperboreo, che viaggiava per l'aria a cavallo ad una freccia, che ha fatti egli solo piú miracoli che dieci Pittagora(86). Si dice che a quest'uomo solo Pittagora avesse rivelato il segreto della sua discendenza da Mercurio ed avesse mostrata la sua coscia d'oro. Non vi tratterò su queste cose, che io non voglio né negare né affermare. Abari godeva fama di uomo santo e dotto nella cognizione de' riti religiosi; sebbene non manchi chi creda che egli avesse piú superstizione che religione, poiché mostrò sempre piú cura dei riti che delle virtú. Abari dunque e Pittagora erano insieme in Agrigento, nel tempo appunto che vi regnava Falaride.
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