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      Questo disordine, questo scompiglio, questo fracasso, quest'orrore, quegli uomini, i quali non hanno che sensi, chiamano 'forte', 'energico', 'espressivo'; perché essi, dormendo eternamente la ragione, non altra sensazione di vita posson provare che quella che vien dal moto e dalla materia: sensazione, la quale, non avendo in sé né ordine né ragione, che solo posson ritrovarsi nella mente, non può contener altro che un'adulterina specie di bellezza, la quale si misura dalla forza.
      Per poter imitare il vero bello, è necessario comprenderlo. A noi è negato di vederlo nella mente altrui: è necessario ricercarlo nella nostra. Colui meglio degli altri sa conoscerlo ed imitarlo, che coll'amore della virtú e collo studio del vero sa conservare e ridestare in se stesso la maggior parte di quelle immagini che ha una volta contemplate nella stessa essenza del vero e del buono. Vedi tu, dunque, o giovine, qual sia in questa terra la condizione degli uomini, e quale la legge che all'autore della natura è piaciuto imporre ai diletti de' mortali? Non solo non vi è vera bellezza ove non vi sia anche virtú; ma a chi non ha virtú è negato finanche il poter gustare ed imitar la bellezza.
      Narrasi dai nostri antichi che quelle, tra le menti, le quali hanno almeno una volta contemplata la veritá eterna nella sua essenza, al cadere che fanno in questa terra, non sono unite ai corpi de' bruti, ma entrano in qualche corpo umano e passano per nove condizioni diverse. Finché esse conservano una parte delle loro idee, animano i corpi de' filosofi e degli amatori del bello; alla seconda nascita sono re legittimi e giusti, prodi e generosi condottieri di armate, prudenti governatori di Stati; alla terza diventano giudici integri, fedeli amministratori del pubblico denaro; e cosí via via, degradandosi sempre piú, son costrette, alla nona generazione, di entrare nel corpo di un tiranno.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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