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      - Rammenta, o Cleobolo, ciò che ieri ragionavamo per dimostrare l'esistenza di una mente in noi dalla necessitá di un fine e di una legge comune a tutta quella serie di azioni nostre, cui noi diamo il nome di "vita". Ora rivolgi il tuo sguardo fuori di te, ed osserva tutto ciò che ti circonda; e vedrai la necessitá dello stesso fine unico, della stessa legge comune in tutti gli esseri che compongono l'universo. Imperciocché togli da un uomo questo fine e questa legge; dividi tutte le parti che compongono la macchina umana; fa' che, mentre il braccio si move, nulla ne sappiano il piede e gli occhi, e, mentre cammina il piede, né gli occhi né il braccio se ne avvedano; togli, se puoi, quella interna coscienza, per cui ti avvedi che il tuo braccio, il tuo piede, i tuoi occhi dipendon tutti da un'altra parte di te, che sente, che intende, che vuole; ed allora tu non avrai tra le altre parti verun concerto, verun'armonia. Ti rimarranno le parti della macchina, ma questa non vi sará piú. Potrai dire: - Esiste un braccio, esiston due piedi, due occhi: - ma dove sará piú l'uomo? All'istesso modo, se tu togli questa legge universale, potrai aver sole, luna, terra, acqua, aria, fuoco; ma, invece del mondo, avrai sempre il caos.
      Ovunque tu vuoi vedere accordo, armonia, unitá e vita, è necessario che tu vi metti un fine ed una legge. Vari pezzi di legno, tutti diversi, tutti distinti, Archita li riunisce; impone ai medesimi un fine comune, li assoggetta a quelle leggi, le quali altro non sono che i rapporti tra i mezzi ed il fine, e ne forma una colomba sola, che possiede anche essa il dono di una qualche specie di vita.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Cleobolo Archita