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      Il diritto di costoro vien da Dio, perché esiste nell'idea eterna dell'ordine universale la necessitá dell'autoritá loro. Il primo loro dovere è quello di comandar secondo le leggi, perché, solo comandando secondo le medesime, essi adempiono la volontá di Dio, che è quella di vedere eseguite le sue idee, e la volontá de' popoli, che è sempre quella di esser felici. Colui, che abusa di una tirannica autoritá, tradisce Iddio ed i popoli. Troverá talvolta de' vili adulatori, i quali, rammentandogli l'origine divina della sua autoritá, gli diranno che il delitto non è giá nel potente che ne abusa, ma nel debole che ne reclama la giustizia. Ciechi, che non vedete sopra chi penda quella spada dell'Altissimo, che è sempre sguainata per difendere o vendicare la sua volontá! E la volontá sua non è che la felicitá de' suoi figli.
      Ora, ordinate le leggi di una cittá, per qual modo ritroveremo noi gli uomini degni di eseguirle? Questa è, o Cleobolo, la parte piú difficile della scienza della legislazione: perché, da una parte, le buone leggi senza il buon governo sono inutili; e, dall'altra, sulla natura del migliore de' governi gli uomini son piú discordi che su quella delle buone leggi. Tu ben sai le tante opinioni, divise tra il governo di un solo, di pochi, di molti; tra i governi ereditari e gli elettivi; tra le elezioni regolate dalla nascita, dagli averi, dalla sorte...
      - So tutto questo - diss'io; - ma amerei udir da te, o Clinia, qual sia quella forma che tu a tutte le altre preporresti.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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