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Dopo la cena si parlò della virtú. Che cosa è mai la virtú? Gl'interlocutori eran molti, e molti furono i pareri. Non mancarono sottilissime discussioni, eloquentissimi discorsi, de' quali io non ti scrivo, perché ne udirai in Atene fino alla nausea. Archita, Platone e Ponzio avean fino a quel momento serbato il silenzio, quasi per udir parlare noialtri giovani; indi, seguendo un costume di questi paesi, per cui, quando si vuol decidere una contesa, si domanda sempre il parere del piú vecchio, Archita disse a Ponzio: - Che ti pare, buon amico, de' discorsi de' nostri giovinetti?
- Date lode agli dèi - disse egli, - o giovinetti, perché vi abbian fatto dono di animi tanto ben formati, che in quella etá, in cui tutti gli altri, trascinati dalle passioni de' sensi, consumano tutto il vigor della mente dietro vani piaceri, onde ne aspettan poi prematura, misera e vergognosa vecchiaia, voi lo rivolgete a quegli oggetti che vi possono rendere degni della stima degli altri e della vostra. Felice quella cittá in cui anche nelle cene si ragiona di virtú! Io me ne congratulo e colla vostra patria, e coi vostri genitori, e con voi stessi, e coi figli vostri. Se poi da me aspettate dei discorsi simili a quelli che or ora ho uditi da voi, la vostra speranza è vana. Né v'inganni la stima che Archita e Platone mostran per me, perché essa in parte si deve all'amicizia, la quale, come sapete, suol accrescere il merito nella persona dell'amico, ed in parte non alle dottrine che io ho professate, ma alle azioni che ho esercitate.
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