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      Ma dimmi, Cleobolo: se uno venisse al mio paese e dicesse ai miei figli, ai compagni de' miei figli: - Qual vita è mai quella che voi menate? Voi vivete in un'eterna privazione di tutto. Nella vostra etá i giovani nobili di Taranto e di Atene godono altri piaceri... Perché non scuotete voi il giogo di cotesti vecchi, i quali da lungo tempo avrebbero dovuto giá rendere il tributo alla natura? -
      - Le leggi...
      - E perché non rompete il giogo delle leggi?
      - La patria...
      - Non siete voi i padroni della patria?
      - I cittadini...
      - Fate che servano a' vostri piaceri.
      - Quest'uomo, o Ponzio, sarebbe per certo uno scellerato.
      - Ebbene, piú scellerato, o Cleobolo, è colui il quale va ad introdurre in un paese ignote voluttá.
      - Bravo! Gli iddii ti aiutino, Ponzio! - disse Archita. - No, non vi è peste piú terribile della voluttá, né per l'uomo né per la cittá. Considerate un uomo nel momento di un estremo piacere: egli non ha mente, non ha cuore, non è uomo. Componete una cittá di questi uomini: voi vi avrete stupri, voi adultèri, voi tradimenti, voi mille inique tirannie, finché la patria sará oppressa da uno de' suoi figli istessi, o venduta, o vilissimamente ceduta all'inimico(156).
      La natura ha ispirato a tutti l'amore de' nostri simili, e questo stesso affetto, unito alle dolci memorie de' primi anni ed alla lunga consuetudine, chiamasi l'"amor della patria". Perché un uomo non ama un altro uomo? perché desidera piú di quello che il proprio lavoro può procurargli. Perché lo tradisce? per sfrenata e cieca cupidigia, figlia dell'intemperanza sua.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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