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      Ditemi: che cosa è il coraggio? Muoiono egualmente il vile ed il forte; ma solo il forte sa soffrire quel travaglio, che può talora esentarci dal morire. E la libertá che cosa è mai? È il bastar solo a se stesso. Chiunque per vivere ha bisogno di uno schiavo, o presto o tardi, per poter viver meglio, avrá bisogno di un padrone.
      I tiranni intendono tutto questo, e quindi è che promovono sempre la lussuria e la mollezza ne' sudditi loro. Io vi dirò di Aristodemo, che distrusse la libertá di Cuma, sua patria. Cuma è una antichissima cittá greca, fondata dagli abitanti di Eubea in quei luoghi dove altre volte dimoravano i cimmeri, e che gli incendi sotterranei, i tremuoti e le grandi sovversioni della natura han resi terribili e quasi santi(160). Ebbene: Cuma, per fertilitá di suolo, per estensione di commercio, divenne ricchissima; e le ricchezze vi generarono la corruzione. Era Cuma governata dagli ottimati suoi; e, finché i costumi furon semplici, le leggi furono umane ed il governo moderato. Corrotti una volta gli animi, i nobili divennero prepotenti e soverchiatori, il popolo intollerante. La cittá fu divisa dalle sètte. Un giovine di mente vasta, di cuore ardito, di braccio forte, si mette alla testa del popolo, come per vendicare i suoi diritti. Vien eletto condottiere di un'armata destinata a respingere i campani, che minacciavano la cittá, poiché avean disfatto il primo esercito, comandato dai nobili. Egli batte i nemici, e poscia rivolge l'esercito vincitore contro la cittá. I nobili, vili, ammolliti dal lusso e dai vizi, non sanno resistere.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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