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      Queste riflessioni mi han mosso a legger vari libri scritti dai pittagorici sulla morale. Ti manderň le Istituzioni etiche, che Archita ha scritte per uso di suo figlio(164). Tu, leggendole, vedrai che la massima fondamentale di Pittagora č la temperanza e l'amor del lavoro. Ed io incomincio a credere che non ve ne possa esser altra. Degl'iddii non si parla se non quanto č necessario; e la morale non č fondata sopra le opinioni religiose, sempre varie e sempre variabili presso tutti i popoli. Di qualunque opinione sia un uomo, di qualunque setta, potrá esser pittagorico. Invece di far servire la religione a stabilir la morale, Pittagora fa servir la morale a dimostrar la religione; e quella sola religione sará vera, che fará del bene agli uomini. Cosí si evitano egualmente i due scogli dell'empietá e della superstizione.
      Il fine di questa morale č l'amore di tutti gli uomini. Pittagora ne vorrebbe fare una sola cittá, se fosse possibile, una sola famiglia, al di cui governo, come dice Platone, presedessero gli iddii. La sua morale č fatta per i poveri e per gl'infelici, ai quali offre perpetue consolazioni ed ispira coraggio infinito, mostrando che tutta la felicitá č in noi stessi e che, se vogliono, non sono meno felici degli altri, che sembrano piú fortunati. Qual meraviglia che, mentre Socrate č stato costretto a bere la cicuta in Atene, Pittagora abbia onori quasi divini in Italia?
      Tu leggerai, e poi mi darai il tuo giudizio. Ma, se l'ammirazione per quest'uomo divino non m'inganna, io non ritrovo un altro di lui piú sapiente nell'arte di render migliori le nazioni.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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