- Moltissimi.
- E quanti altri perché nascan tra'l medesimo quelle altre arti che sono posteriori alla scrittura: la buona pittura, la scoltura?
- Quasi altrettanti.
- Or sappi che nell'etá, nella quale voi dite che Omero abbia vissuto (e voglio in questo seguire l'opinione dei meno stolti tra' vostri rapsodi), quattrocento anni dopo la guerra troiana, voi appena dovevate incominciare a scrivere, e noi non solo avevamo canto e scrittura, ma avevamo ancora pitture e statue, rappresentanti eroi ed avvenimenti di quella guerra fatale, di tale bellezza che appariscono ammirabili anche ai giorni nostri(177). Non ti pare probabile che le memorie omeriche sieno state cantate e scritte prima in Italia che in Grecia?
- Forse non ti negherò che abbian potuto esser scritte prima tra voi. Sappiamo che da noi i canti, che ora compongono l'Iliade, andavano erranti per le bocche de' cantori, e che il primo a raccoglierli ed ordinarli fu Licurgo. Pisistrato compí l'opera. Ma che importa questo? Scritti in una etá, scritti in un'altra, noi sempre abbiamo i canti di Omero.
- Siate sinceri: credete averli. Or che sarebbe, se io vi dimostrassi che i canti scritti ai tempi di Pisistrato, quelli a buon conto che voi oggi avete, non possono esser gli stessi di quegli antichissimi che Omero avea cantati? Ciò che io dico ti sembrerá strano; e pure nulla vi è di piú vero. Tutte le lingue soffrono de' cangiamenti, e questi sono tanto piú frequenti e grandi quanto piú è vicina la lingua all'origine sua. Giunta che sia alla perfezione, si arresta per molte etá. Noi abbiam cangiata interamente favella: abbiamo il nuovo ed il vecchio dorico(178); e questo non s'intende da tutti, da nessuno si scrive o si parla.
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