Quando tutto ciò sará in me, io sarò beato. - Perché, dunque - mi potrebbe dire il giudice eterno, - vai tu a ricercar fuori di te que' mali che io non aveva per te destinati, e perché vieni a darmi per ragioni della tua disubbidienza que' mali che tu stesso ti hai fabbricati? -
Gl'iddii ci han dato tutto per esser felici, dandoci la sapienza per distinguere ciò che è in noi da ciò che è fuori di noi(189). Indi ci han data la vita per la virtú, unico fine a cui gli iddii ordinano tutte le cose. Quando cessa in noi l'obbligo di vivere? quando non rimane neppur la speranza di poter dare agli altri un esempio di virtú.
Ma noi uomini non vediamo questo fine unico, che gl'iddii si han proposto nell'ordine di tutte le cose; non intendiamo perché tante volte faccian soffrire gl'innocenti e ricolmino di apparenti felicitá gli scellerati; e molti dicono che la giustizia degl'iddii sia tarda, molti che essi non ne abbiano alcuna. Gli uomini sono pronti alla vendetta, perché temono sempre che l'offensore sfugga il loro braccio. Gl'iddii, al contrario, dalla giustizia de' quali nessuno scellerato può sfuggire, vedono i beni ed i mali in tutta l'immensitá dello spazio e del tempo; e dispongono le loro punizioni in modo che lo scellerato produca, prima di soffrirle, tanti altri beni, che non vi sarebbero, se la giustizia lo avesse colpito al suo primo delitto(190).
Le pene giungono sempre a tempo per punire lo scellerato, perché i mali son sempre intollerabili per colui che non è virtuoso; tanto piú gravi quanto piú lungo è stato l'obblio della virtú. Il delitto lungamente fortunato non è che una piú lunga preparazione che gl'iddii dispongono per renderne piú sensitiva la pena.
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