Quivi non vi è altro degno di ricordarsi che il suo vino(191).
TURIO
Quante memorie ridesta nella mente questa cittá! Tu rammenti quella Sibari, in altri tempi tanto potente pel suo impero, tanto ricca per la fertilitá del suo suolo, tanto vile per la mollezza de' suoi costumi. Dopo molte guerre infelici coi loro vicini, quegli stessi sibariti, i quali avean comandato a venticinque cittá ed a quattro popoli, furono costretti ad abbandonar le proprie sedi e mendicare una patria nuova. Parte di essi passò sul lido opposto, a fondare la piccola cittá di Ipponio; parte si rifuggiò in Pesto(192); e quei pochi, che rimasero, furono costretti ad invitare gli spartani e gli ateniesi perché venissero a coltivare le loro terre. Gli spartani non curarono l'invito: gli ateniesi, per l'uso che hanno nel commercio piú facili a cangiar sede, l'accettarono. Vi era tradizione in Atene di un antichissimo oracolo, il quale prometteva ai suoi abitanti il territorio che è alle sponde del fiume Siri; e poco era mancato che Temistocle non vi avesse trasportati tutti i suoi concittadini, quando Euribate, ostinato nei suoi consigli, volea tentar la sorte della Grecia contro i persiani in un modo diverso da quello che Temistocle credeva il migliore(193). Essendo arconte di Atene Callimaco, gli ateniesi destinarono dieci legni e molti uomini per la fondazione di questa nuova colonia. La spedizione fu affidata a Lampone e Senocrate, i quali raccolsero da tutta la Grecia quanti mai vollero esser loro compagni nella nuova patria(194). I piú illustri furono Callicratida spartano, padre del famoso Gilippo e, al pari del figlio, bandito per peculato; ed Erodoto di Alicarnasso, cui le muse davan diritto di sperare nell'antica sua patria una sorte migliore.
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