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      Voi avete confusi, coi vostri ordini politici, tutte le classi; avete avvicinati gli ottimi alla plebe: onde n'è avvenuto che quelli siensi un pocolino guastati e questa un pocolino migliorata nel vicendevole commercio di pensieri e di costumi; e perciò voi avete una favola che è superiore all'"atellana", ma inferiore alla "italiana".
      Ora ti dirò altra cosa, che tu crederai piú inverisimile, e che intanto è verissima. Queste stesse cagioni fanno estinguere interamente l'arte drammatica presso una nazione. Imperocché, per dilettare un popolo colla dipintura de' costumi, è necessitá che questo popolo abbia un costume proprio. Io non chiamerò vero diletto quello che mi dá un poeta, sia tragico sia comico. il quale mi mostra sulle scene costumi e riti strani, non altrimenti che se mi mostrasse un orso o un elefante; ma a quello darò il nome di "poeta", che, colla dipintura di quegli affetti, di quelle vicende, di quei mali e di quei beni, che io reputo miei perché li ho provati, irrita il mio cuore o lo molce, e lo riempie, come se fosse un mago, di terrore, di desidèri, di speranze, di pietá(218). Or che vuoi tu che possa l'ingegno del poeta sopra un popolo, il quale, non avendo costume proprio, non ha né beni né mali che conosca e de' quali possa dire: - Essi o sono o possono esser miei? - Questo popolo, sia che perda il costume proprio per troppo frequente e violento cangiar di ordini interni, sia che lo corrompa per intemperante imitazione de' costumi stranieri, sia che l'obblii per quella debolezza politica che lo rende ora servo, ora protetto di un'altra nazione; questo popolo tu lo riconoscerai alla noia che prova per tutti i modelli.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772