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      Ne cangia ogni giorno; ciò, che gli piaceva ieri, non gli piace oggi; e finalmente non gli piacerá piú nulla. Tu lo udirai nel teatro muggir come i folti pini della Sila, quando soffia il vento di settentrione. Nel bel mezzo di una tragedia di Euripide, esso ti chiederá o l'orso o l'elefante o una coppia di pugillatori. Talora l'attore è appena apparso sulle scene, non ancora ha detto nulla, ed il teatro rintrona per gli applausi del popolo. Che piace adunque a questo popolo? La veste dell'attore, che imita, per la porpora tarentina, il color della violetta(219). Che potrá fare allora il povero poeta per ridurre questo popolo a pensare ed a sentire? Credimi, o Cleobolo: allora ogni arte, ogni ingegno sará inutile; la poesia rappresentativa diventerá una servile imitazione delle favole degli altri popoli che ancora conservano qualche costume, una stolta ostentazione di scene ricche d'oro e di marmi, di sforzi di gorga, di gambe, di braccia degli attori, di... E finalmente non vi sará piú.
      - Tu mi sorprendi, o Alesside - dissi io allora. - A crederti, tu o poco o nulla dái di potere all'ingegno de' poeti, e li reputi quasi inutili nella cittá. Tu parli contro i tuoi propri interessi. Tutti gli altri credono i poeti, e specialmente coloro che coltivano la poesia teatrale, maestri del pubblico costume, e tu li credi servi. Perché dunque non li scacci dalla cittá?
      - Perché - rispose egli - i popoli corrotti ne hanno bisogno come han bisogno i fanciulli di qualche trastullo, onde non rompano i mobili della casa(220)... Ma ecco qui il nostro Platone - e difatti Platone sopraggiungeva, - ed egli potrá essere giudice di questa nostra lite.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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