.. O Platone - soggiunse, rivolgendosi a lui: - tu hai discacciati dalla tua repubblica tutti i poeti; non hai fatta grazia neanche ad Omero. A te, dunque, che non puoi esser per certo sospetto di parzialitá, io e Cleobolo rimettiamo il giudizio della nostra lite, onde sapere non giá se tutti i poeti debbano esser discacciati dalla cittá nostra, ma bensí quali ed in qual modo debbano esser tollerati. -
Platone sorrise, e poi disse: - Voi dunque pensate come quegli oziosi di Siracusa, i quali credevano che veramente io volessi fondare una cittá ed avean chiesto a Dionisio il terreno necessario a poterlo fare. Gli oziosi di Grecia, ripetendo le nuove che la fama trasportava di lá dal mare, vi aggiunsero che tutto era giá fatto(221). Siate di buon animo: la mia cittá non si fonderá mai, perché mancheranno sempre gli uomini degni di abitarla. Né, quando io l'ho descritta, ho mai creduto che essa potesse esistere, ma ho voluto solo dare in essa un modello di ciò che potrebbe essere una cittá, onde avere una misura di quelle che sono.
Nella cittá mia non ho tollerati i poeti, perché non ve ne potevano essere. I suoi cittadini doveano occuparsi tutti del vero, di nulla altro che del vero; ed i poeti non trattano che il verisimile. La poesia è un'imitazione, che supplisce alla vera scienza: ove vi è questa, quella diventa superflua. Vi sarebbero poeti in una cittá di geometri? Que' miei cittadini avrebbero voluto ed operato sempre il giusto, il solo giusto, nulla di piú del giusto. E che ne sarebbe divenuto, allora, di quell'ammasso di passioni, ora serve, ora tiranne, ora vincitrici, ora oppresse e sempre stolte, le quali formano tutto il bello della poesia?
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