Pagina (240/772)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Tutte le passioni vili, o mio figlio, stanno nell'Erebo, come nella loro propria e natural sede. Ivi è l'adulazione, vile coi potenti, ingiusta coi deboli, traditrice di quelli e di questi. Ivi l'avarizia, la quale tien tanto iniqua bilancia, che con un granello di oro, che tu metti da una parte, vinci in peso amicizia, patria, piacere, tutto quanto puoi metter dall'altra. Ivi la marciosa voluttá, che studia l'arte di non gustar piú piaceri a forza di abusarne. Ivi, vuoi piú? ivi la stessa bile, la piú alta tra le passioni di uno schiavo, la piú bassa tra quelle di un uomo libero, divora l'eterno fegato di colui che occupa col sozzo suo corpo nove iugeri di terra nell'ampio fondo del tartaro. Ed alle porte del carcere tenebroso siede, loro regina, la menzogna; quella menzogna, per la quale gli uomini corrompon gli altri e loro stessi, e per la quale, seguendo un falso bene, commettono i delitti, e, temendo un falso male, ne soffron pena. Ma gli affetti generosi, i quali sono ministri della ragione, hanno per loro guida la veritá, per loro fine il bene: se amano, amano il bello; se odiano, odiano il vizio; se biasmano, biasman solo ciò che non è virtú; se lodano, lodano solo gl'iddii o coloro che rassomigliano agl'iddii; se insegnano a vivere ed a morire, lo insegnano per la patria.
      Che importa che la tua musa plebea sia la bile o la voluttá o l'avarizia? La mente, mossa da qualunque di questi affetti servili, rassomiglia un augello palustre, il quale non vede altro che i giunchi, il fango, gl'insetti del picciolo suo lago.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Erebo