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      Una donna sibarita non poteva esser invitata ad una festa, ad un convito, se non un anno prima: tanto tempo richiedeva il poter brillare tra altre donne, e per pregi non suoi, un giorno solo! Le leggi furono spesso ingiuste coi savi magistrati, che avean custodito il pubblico costume; i cittadini obbliarono i valorosi capitani che avean difeso ed ampliato l'impero; ma i cuochi non furono né obbliati né trascurati mai, e qualunque tra essi aveva inventato un nuovo genere di golositá, era sicuro di ottenerne e premio ed onore(239). Ma i sibariti, mentre tanto curavano tutte le arti per abbellir la cittá, obbliarono la prima, che era quella di conservarla; e tutte le altre sparirono.
      Essi aveano discacciati tutti quegli artefici, il mestiere de' quali potesse col rumore turbare il sonno de' cittadini(240). Finanche i galli, come importuni, erano stati, coi fabri, rilegati nelle lontane campagne. Credete voi che quegli uomini avessero potuto udir la veritá, la di cui voce, nelle concioni, turba i vili piú che non turba i poltroni, nel loro letto, il grido del gallo?
      Il loro Smirindide non poté una notte chiuder gli occhi, perché una foglia di rosa erasi ripiegata sotto al suo fianco. Un altro svenne al solo vedere gli uomini che lavoravano le sue terre. In Sibari era raro quell'uomo che avesse visto spuntare il sole; e, siccome la corruzione de' costumi corrompe tutte le arti, anche le piú sante, cosí i medici avean quasi sancita colla loro sentenza tanta pigrizia, dicendo che l'aria umida e pesante della valle, in cui stava la cittá, era, nelle prime ore della mattina, nemica alla salute(241). Non conoscevano, dunque, i sibariti mali piú gravi di quelli che l'uomo può, se vuole, vincer coll'uso?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Smirindide Sibari