Tanto è vero che la vera forza di una cittá non è giá nelle sue mura, ma ne' petti dei suoi cittadini!
Dopo l'assedio ed il saccheggio di Dionisio, Crotone è rimasta spopolata, squallida, simile ad uomo che riacquista lentissimamente le sue forze perdute per lunga e funesta malattia. Gli animi stessi degli abitanti sono caduti in quel fatale avvilimento, per cui il timore dei mali vince la speranza de' rimedi e si ama piú di notare i difetti e le debolezze che le proprie virtú.
- Noi siamo ancora predicati per beatissimi tra tutt'i popoli d'Italia - mi diceva un vecchio cittadino, che incontrai nel fòro. - Un tempo lo fummo(246). Vedi tu questa nostra cittá? Gli iddii le han donato con mano non parca tutto ciò che potea renderla felice. Narrasi che nei tempi antichissimi fosse stata abitata dagli enotri. Il figlio di Alcmone, Miscello, argivo, vi condusse una nuova colonia. Egli era l'amico ed il compagno di Ercole. Raccontasi che nello stesso tempo volle fondare un'altra colonia anche Archita di Corinto. Consultarono ambedue l'oracolo di Delfo. Il dio dimandò loro qual mai piú bramassero, se la sanitá o la ricchezza. Archita chiese la seconda, e l'oracolo gl'impose di fondar Siracusa; Miscello volle la prima, e gli fu detto di stabilirsi in Crotone(247). Noi l'ottenemmo questa sanitá. Avrai udito anche in Atene, o giovane, l'adagio: "Niun luogo è piú salubre di Crotone"; e quell'altro: "L'ultimo tra i crotoniati è il primo in forza tra gli altri greci"(248).
È nota la fama de' nostri atleti.
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