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      - Perché non sei anche tu egualmente giusto? Che mi narri tu di una tela dipinta, che abbia potuto ingannare un uomo, ed un uomo, per Giove! qual era Zeusi? Di uva dipinta, che abbia potuto ingannar gli uccelli? Credimi: gli uccelli sono meno insensati di coloro che prestan fede a tali favole, meno goffi di coloro che le ripetono.
      Io ho conosciuti ambedue, Parrasio e Zeusi. Tu non eri ancora nato, o giovane, quando questi due grandi onoravano la terra. Si poteva dire: - Niun altro è piú grande di loro; - ma tra loro non si poteva dire: - Questo è piú grande.-
      Hanno molti rimproverata a Zeusi la sua superbia. Offendeva l'orgoglio degli artefici minori quel suo mantello di porpora, sul quale portava ricamato a lettere d'oro il suo nome. Offendevano quelle iscrizioni, che soleva mettere sotto i suoi quadri, ora dicendo:
     
      Fia chi l'invidi piú che chi lo imiti;
     
      ora:
     
      Chi si tien giunto di nostr'arte al sommo,
      mostrandol vinca: io non sarò il secondo.
     
      Offese prima l'alto prezzo, al quale vendeva non solo il dominio, ma anche la vista dei suoi quadri, e specialmente di quello di Elena, la quale perciò fu detta la "meretrice"; e poscia, piú che l'avarizia nel vendere, offese la superbia nel donare, quando, giá ricco abbastanza, non volle de' lavori suoi ricever piú prezzo alcuno, dicendo non esservene alcuno che li potesse eguagliare(276). Io so tutte queste cose, o Nicerato; e so che lo stesso fasto, e forse maggiore, mostrò Parrasio vostro, il quale chiamavasi per soprannome "abrodiate", e fu, anche piú di Zeusi, ingiusto disprezzatore, non giá del volgo de' pittori, ma di Zeusi e di Timante(277). Ma che?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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