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      Nulla noi perdoneremo all'ingegno, che pur tanto tutti i giorni soffre dagl'insetti vilissimi, invidiosissimi, ingiustissimi, che compongono il volgo?-
      NICERATO. Io non ti dirò giá questo, o Nicomaco. Ma ben ti dirò che il tuo Zeusi non giunse a quella perfezione di arte, a cui egli si vantava esser giunto. Tu ben sai che i piú giusti non possono difenderlo dall'accusa di aver fatto le teste e le membra troppo grandi, massicce e muscolose(278).
      NICOMACO. In questo egli errava con Omero, il quale amava anche nelle donne una bellezza robusta. Era la cagion dell'errore ne' modelli, che gli offrivano le regioni nelle quali era situata la sua patria, e dove tu ritrovi piú frequentemente le forme di Ercole che quelle di Bacco, piú spesso quelle di Giunone e di Pallade che di Venere, o se pur vi è Venere, essa è la Venere degli spartani, armata. Tutto diversi modelli offrivano a Parrasio il suolo, il cielo, i costumi della Ionia. Zeusi è talora nelle sue forme duro e quasi aspro. Parrasio, al contrario, sa ben evitar questi difetti. Dá maggior finitezza ai suoi contorni, ne toglie ogni angolositá, talché tu non sai dire le sue linee onde incomincino e dove finiscano. Niuno meglio di lui sa esprimerti tutta la venustá, tutta l'eleganza, tutte le arguzie di un volto. Se dipinge un capello, esso è il piú bello di tutt'i capelli dipinti(279). Ma che? Se poi ti dovrá dipinger Teseo, lo fará apparir pasciuto di rose, e non giá, quale è il Teseo di Eufranore, di carne bovina(280).
      Ascoltatemi, o giovani; ascoltate un vecchio, il quale ha consumati tutt'i suoi anni a seguitare il bello, e che, se non ha ottenuto di raggiungerlo, può almeno servir di guida a coloro che lo ricercano.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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