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No, io non ho obbliato il tuo desiderio. Sono in Grecia ormai tanto corrotti gli ordini, che non vi è greco amante della sua patria, il quale non debba desiderarne la riforma; e sono tanto turbate le menti degli uomini, che questa riforma niun savio la può sperare da altro che dal paragone delle cose nostre colle altrui. Segui la tua impresa, o Aristotele. Che t'importa che i cavillosi seguaci di Euclide e di Fedone si ridano di una filosofia, che tutta incomincia dai fatti e finisce ne' fatti(309)? Platone ti applaude, e Platone vale un popolo intero.
Io ti ho scritto da Taranto e da Turio. Se non ti ho scritto anche da Crotone, è avvenuto sol perché i suoi ordini sono similissimi a quelli di Locri, dove oggi mi trovo; e le antichissime tradizioni dei due popoli dicono che essi hanno avuto uno stesso legislatore(310).
Locri dicesi fondata dagli abitatori di Naricia, cittá de' nostri locresi epicnemidi. Tu ben sai che questi sono anche ai tempi nostri i piú salvatici tra' greci, e che di altra industria non vivono che di rapina e di ladronecci(311). Or narrasi che i loro maggiori, essendo una volta in guerra coi vicini, abbandonarono le proprie case per lunghissimo tempo. Tu ben vedi che si ripete la favola dell'origine di Taranto. Fingiti dunque le mogli epicnemidie dolenti al pari delle spartane; fingiti gli schiavi che prendono il luogo de' mariti; i figli che nascono; poi i mariti che ritornano, che odiano le mogli, disprezzano i figli, perseguitano i servi; finalmente servi, figli e mogli che partono in cerca di una nuova sede, e la ritrovano in vicinanza di quel promontorio, dove ai tempi degli errori di Ulisse si rendeva il vento ai naviganti(312).
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