In Locri l'oligarchia vive ancora una languida vita, che si mantiene a spese di tutto il popolo. Pochi possiedono, come in Isparta(331), quanto vi è di terra nella repubblica: questi pochi la coltivan male, ed i molti, che la potrebbero coltivar bene, non ne hanno. Non vedi in Locri che terre deserte ed uomini miserabili!
Tra i nobili si scelgono mille, i quali formano il senato, che poi sceglie i giudici; e dalle sentenze di costoro si appella allo stesso senato. Il capo di tutto il governo chiamasi "cosmopolita"(332).
In nessun'altra cittá d'Italia questi, non eupatridi, ma eumatridi, sono tanto superbi della loro origine. Essi disprezzano tutti gli altri, e poi si disprezzano a vicenda tra loro. Coloro, i quali discendono dalle cento famiglie che fondarono Locri, si credono superiori agli altri(333).
- Voi sicuramente appartenete alle cento famiglie di Atene - mi diceva uno di essi.
- In Atene non vi sono queste cento famiglie.
- Quante ne contate?
- Nessuna.
- In Atene sono dunque tutti nobili?
- Lo saranno: ove non vi è nessuno che si distingua per tale, lo saranno tutti. -
Questa mia risposta però so che non è piaciuta al nobile locrese, e la ha raccontata, non solo ai cento, ma anche ai mille, dicendo loro che io era un uomo pericoloso, perché veniva da un paese dove non si conosceva nobiltá.
Se io curassi ciò che egli ha detto o vorrá dire di me, gli potrei rispondere: - Tu sai la tua origine. I genitori tuoi erano figli di bagasce e di schiavi. Sai l'infame tradimento che i tuoi maggiori fecero agli antichi abitatori di questo suolo, quando, accolti con ospitalitá sul lido del mare, giurarono di esser amici, "finché i loro piedi avessero calpestata quella terra". Gli abitatori si riposarono tranquilli sulle parole di un'amicizia eterna, perché eterna credevan la terra che era sotto ai piedi de' loro ospiti.
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