E fin qui tutto va bene. Gl'italiani, potenti per un istrumento di filosofia tanto efficace, han fatto delle scoperte ammirabili in tutte quelle parti delle nostre cognizioni che versano sulla quantitá: nella geometria, nella astronomia, nella meccanica, nella musica; ed hanno spinte al punto piú sublime e piú lontano dai sensi tutte quelle altre che versan sulla qualitá. Separando sempre cị che è da cị che appare, han dovuto dire finalmente che tutto pel nostro intelletto era uno. Ecco la dottrina di Parmenide. Da lui peṛ s'incomincia di nuovo a discendere verso i sensi. Cị, che Parmenide avea detto esser intellettualmente uno, Melisso volle sostener esser anche fisicamente tale(360). In veritá i sensi rimanevano, nella dottrina di Parmenide, troppo inoperosi. Messi una volta in azione, eccoli, simili al riccio di Esopo, voler tutta per loro, discacciandone l'antico signore, quella casa ove quasi a stento erano stati accolti. Alcmeone, figlio di Pirito di Crotone, il primo che abbia scritto di cose fisiche(361), credette che una sola cosa non bastasse a produrre tutti quanti i fenomeni che il mondo sensibile ci presenta: dunque ne volle molte(362). Per buona sorte Alcmeone era saggio, ed inviando i suoi scritti sulla natura delle cose a Brontino, Leone e Batillo, scriveva loro: "Non vi ingannate: scrivendo di cose invisibili ed eterne, io non vi offro che congetture: la scienza l'hanno gli iddii soli"(363). Ma, rotto una volta il freno, si corse rapidamente tutta la via delle sensazioni; e la stessa scuola di Elea, la piú severa seguace della pura ragione, produsse i difensori degli atomi.
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