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      Le matematiche non sono le scienze né del volgo né degl'impostori.
      In Italia l'antico e lungo costume, gli esempi viventi di Timeo e di Archita conservano ancor caldo l'amore di queste scienze e, collo studio delle medesime, una severitá maggiore di giudizio nell'ammettere le opinioni. Un italiano incomincerá dal dire a se stesso: - Io non debbo prestare alcuna fede ai sensi. Ed alla ragione quanta fede presterò io? Essa, al pari de' sensi, sta dentro di me; e ciò, che è in me, non è prova di ciò che è fuori di me. - La ragione avea distrutte tutte le opinioni che eran nate dalle sensazioni; ma, distrutta una volta l'autoritá della ragione, non ritorna ad esistere tutto il mondo sensibile? Prima io diceva: - Non esiste nulla di ciò che vedo; - poi sarò costretto a dire: - Tutto ciò che vedo, che immagino, che ragiono, può esistere. - Io non saprò piú ciò che esiste o non esiste. Come mai potrò conoscere il vero? Lo ricercherò sempre e non lo ritroverò mai. Opporrò a vicenda i sensi alla ragione; la ragione ai sensi; le idee di un uomo a quelle di un altro uomo; le opinioni, i costumi di un popolo ai costumi ed alle opinioni di un altro popolo...; ma, dopo tanti paragoni e tanto esame, confuso tra tante sensazioni, tante idee, tanti costumi, io non potrò dir mai: - Questo è vero(367). -
      La dottrina del dubbio nascerá da quella istessa setta appunto, la quale maggior cura par che abbia avuta del vero. E tu, o sublime Senofane, pare che avevi predetto i fati della tua dottrina, dicendo:


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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