Dionisio parlava a tutti e sempre; scriveva di quelle cose, delle quali né io né Archita abbiamo scritto né scriveremo giammai; molte cose dettegli in segreto, con puerile imprudenza, ha propalate. Ed, al contrario, la vera prova della filosofia non è giá nelle parole ma nel silenzio(399).
Io dunque ti ripeto, o ottimo Critone, che o nulla o poco spero dall'opera mia. Dionisio può solo sperar di riacquistar la buona mente per qualcuna di quelle grandi sciagure, colle quali gl'iddii sogliono correggere coloro che obbliano la saviezza ed abbandonano la virtú. Di' in mio nome a Dione che rammenti il tratto del vecchio Dionisio, quando rimproverava a questo suo figlio ancor giovinetto una di quelle storditaggini che i giovinetti di famiglie ricche e potenti soglion commettere in fatto di donne. - Ti ho io mai dato un simile esempio? - gli dimandava il vecchio. - No - gli rispose il giovane; - ma tu non eri figlio di un re. - E tu, o sciagurato, oprando a cotesto modo, non sarai padre di re. - Lo rammenti Dione; e, piú che nell'opera mia, fondi le sue speranze nel vaticinio di un vecchio che conosceva gli uomini.
Il padre di Dionisio era ingiusto, ma non lo era sempre, non con tutti, né permetteva mai che altri lo fosse in suo nome. Il figlio non solo è ingiusto sempre ed inutilmente, ma all'odio, che desta colle ingiustizie proprie, aggiugne quello che suscitano le ingiustizie de' suoi, ch'egli tollera per indolenza. I miseri locresi e regini debbono soffrire l'avarizia, la lussuria, la superbia di diecimila stranieri, che mantiene al suo soldo nella ròcca di Caulonia(400); di quegli altri, che mantiene in Phaebia(401); di Filisto e di Nipsio, che comandano le flotte; e di chi no?
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