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      Feci prevaler nella mia patria massime nuove e tentai ispirarle anche alle altre cittá. Quando Alcibiade venne a far pompa di tutta la potenza ateniese in questi nostri mari, né i tarantini né i locresi vollero ricever la sua flotta ne' loro porti: i crotonesi gli permisero solamente di far acqua; i turi, i metapontini la provvidero del bisognevole; i regini l'accolsero; ma tutti con molta diffidenza. I regini non permisero ad alcun soldato entrar nella cittá, ma appena tollerarono che si fermassero, quanto era necessario per ristorarsi dal viaggio di mare, nel tempio di Diana, che stava fuori la porta settentrionale. Tutte allora queste nostre cittá, interrogate se volean prender parte nella guerra, risposero concordemente di volersene rimaner neutrali(407).
      E difatti è di rado utile prender parte nelle guerre degli stranieri, perché di rado è giusto; e ciò, che in origine non è giusto, di rado nell'esito è felice. Il consumo delle tue forze è certo, incerto il vantaggio che ne speri, e, quando anche avvien che si ottenga, difficile è conservarlo a grandi distanze e col mare che lo divide da noi. Dall'altra parte i vincoli di una federazione si rallentano tosto che una delle cittá federate è mossa dallo spirito di conquista; spirito il quale non può esser mai comune, perché è impossibile che sien concordi coloro che debbon dividere una preda. E si scioglie interamente la federazione quando le cittá prendono le armi per uno straniero: difendendo i diritti altrui, incominciano a contrastar sui propri; ciascuno implora a vicenda l'aiuto di quello straniero che prima egli avea soccorso; finalmente qual è l'ultimo effetto di una guerra imprudente?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Alcibiade Diana