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      Non si tratta di meno che di rovesciar tutto l'ordine della natura, metter la terra ove è il sole, il sole dove è la terra, distruggere tutta l'armonia delle sfere, e, quello che è peggio, dare una mentita a Pittagora: le furie di Cilone non ci fecero tanto male quanto oggi, per l'imperizia o per la sventura di un musico, se ne minaccia.
      Sappi dunque, mio caro Platone, che nelle feste di Ercole vi è stato il solito concorso di musica, ed uno de' concorrenti è stato un pittagorico. Egli sa tutta la scienza de' numeri. Nessuno è piú dotto di lui. Pochi giorni prima delle feste, tutta la cittá parlava della sua musica. La fece ascoltare a qualche amico. Quali applausi! - Per Ercole! questa è armonia! - mi diceva Nearco. Io taceva: il mio cuore rimaneva freddo, ed il mio labbro non volea dire ciò che non sentiva il mio cuore. E perché avrei offeso io con una inutilmente dura veritá la lusinga di un uomo che si credeva contento? Ma tu sai che l'amicizia non sempre si contenta del silenzio, e vuole le lodi: io era padrone di tacere; ma, costretto a parlare, potea io non dire la veritá?... Addio allora il povero tuo Cleobolo. - Tu sei un morto! Tu non intendi l'armonia! Il tuo orecchio è duro! - Questi furono i piú galanti tra gli epiteti che mi furon regalati.
      Tentai di ragionare... Mi dissero tante cose: mi raccontarono· la storia di Pittagora, che avea scoperta l'armonia tra l'incudine ed i martelli di un ferraio, presso a poco nello stesso modo nel quale gli spartani aveano scoperto sotto il mantice di un altro ferraio le ossa nascoste di Oreste(417). Si parlò di "diapason", di "diatesseron", di "diapente". Io credeva d'intendere i nomi, ma vidi che ai nomi noti essi attaccavano idee a me ignote.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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