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      L'armonia č nella natura; in noi non č che la facoltá di sentirla. Se la nostra intelligenza fosse libera da tutti gl'impacci del corpo, noi comprenderemmo in tutta l'estensione l'armonia della natura, ed allora non avremmo bisogno alcuno di arte per comunicarcela a vicenda; ma saremmo come tanti uomini assorti nel godimento di uno stesso spettacolo e beati per lo spettacolo e pel piacere di goderlo uniti; nel che io credo riposta la vera, la somma beatitudine.
      Ma la natura, nella peregrinazione di questa vita, non ci presenta che alcuni tratti dell'armonia sua; e questi tratti istessi non li presenta che parte ad uno e parte ad un altro. Quindi č necessario tra noi ne' piaceri quello stesso commercio che usiamo nelle altre cose della vita, e pel quale l'uomo, che ha delle cose superflue, le dá ad un altro che ne manca, e vi sono de' raccoglitori delle cose altrui, che poi rivendono a pubblico uso. Tali sono i saggi nelle belle arti: nulla di bello producono mai da loro, ma raccolgono in uno stesso oggetto e presentano sotto un medesimo punto di vista quelle bellezze della natura, che, divise, non sarebbero visibili che a pochi. Cosí Fidia, quando volle scolpire Giove, riuní le sensazioni di Omero alle sue e formň quel sopracciglio con cui il padre degli uomini e degli dči fa movere le nuvole.
      Talora gli uomini si prendon cura di trasportare ad un senso i piaceri di un altro; e questa č per noi grandissima sorgente di diletto, perché accresce l'esercizio delle funzioni della vita.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Fidia Giove Omero