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      Di tempo in tempo io rivolgeva i miei occhi a lei, ma un istante dipoi li abbassava; ella li abbassava come per non incontrarsi coi miei, ma un istante dipoi li rialzava, quasi dolendole di non averli incontrati... - Vedi quell'arboscello di cotogno? - mi disse (e difatti ve ne era uno a dieci passi da me) - vedi come il vento, che si rompe in faccia agli annosi ulivi ed ai duri peri, pare che sfoghi tutta la sua prepotenza contro quel debole ed elegante arboscello? Quanta veritá è in quei versi di Ibico: "Il mio cuore è simile al cotogna fiorito, che il vento della primavera afferra per la chioma e ne contorce tutti i teneri rami"(432)... - Tu non hai detti tutti i versi di Ibico; no, - esclamai io, - tu non li hai detti tutti... "Esso è stato nudrito colla fresca onda del ruscello che gli scorre vicino; ma nel mio cuore un vento secco, simile al soffio del vento di Tracia, divora..." - Io voleva continuare; ma ella mi guardò e levossi... Qual potere era mai in quel guardo, in quell'atto?... Io non lo so: so che tacqui, mi levai e ritornai in casa, seguendola sempre un passo indietro, senza poter mai piú alzar gli occhi dal suolo.
      O Platone! Platone! non è possibile che i nostri cuori non si sieno ancora intesi. Se lo potessi credere, che ne sarebbe a quest'ora del tuo amico? Ma io ho bisogno di dirle che l'amo, di udirmi dire che mi ama, di darne e di riceverne delle prove, di esserne convinto, sicuro... bisogno urgente, insuperabile di parlarle, non con altri, neanche con Nearco, ma con lei, solamente con lei, sempre con lei!


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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