Il mio cuore era piú tranquillo prima che io partissi da Taranto. Sono stato assente: quanto tempo? Poco piú di un mese. E nella mia lontananza io le ho scritto, ed ella mi ha risposto; e talora, leggendo le sue lettere, ho creduto che le dolesse la mia lontananza ed il mio tardo ritorno... O lettere! o speranze! Io ritorno, ed ella piú non mi ode. Ragioniamo sempre, sempre, ma non mai di ciò che interessa il mio cuore.
Ma perché non vuole udirmi? Non mi ama ella forse? O l'amore non produce in lei quegli stessi effetti che prova il mio cuore? Chi lo sa, o Platone? E chi sa sopra tutto l'arte colla quale mi ritiene, la magia colla quale mi aggela sul labbro tutte le parole?
Io non ti ho narrato che un avvenimento solo. Ma tutt'i giorni, ieri, ieri l'altro, oggi, quasi in tutte le ore del giorno, mi avviene lo stesso. Questa mattina io me ne stava solo ad una finestra che sporge sul mare, abbandonato a quell'amabile rotar di pensieri che produce in noi il quasi ritmico rumore dell'onde che si rompono tra gli scogli. La notte era stata un poco tempestosa. Il cielo non era piú coperto di nuvole, ma non ancora potea dirsi sereno, e la luce veniva dal sole piú dolce tra le nubi e le piante che ancora gocciavano acqua. Gli alberi, l'erbe, i fiori aveano acquistato un colore piú vivo e piú lucido... Io era assorto in questo spettacolo; ed ella mi stava alle spalle taciturna... La vedo, e mi metto ai suoi piedi, siccome un momento prima mi era inginocchiato all'apparire del sole nascente; ed: - Oh! - le dissi - oh! tu, che sei luce, vita, tutto per me, tu sola mancavi a compir quest'immenso quadro di bellezze che la natura spiega ai miei occhi!
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Taranto Platone
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