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      Nella mia gioventú ne ragionavano solamente le donne simili a Doride. Le madri di famiglia e gli uomini savi si contentavano ricercar per le loro figlie e per i figli loro de' mariti e delle mogli che avessero dote e costume e potessero render felice quella vita che doveano vivere insieme. I figli e le figlie aspettavano dai loro genitori la decisione della propria sorte... - E mentre Timareta pronunziava queste parole, la figlia contemplava la sua bella veste di quella preziosa lana che dánno le conchiglie di questo mare. Timareta sputò con molta gravitá, e poscia riprese il suo ragionamento...
      - Vada dunque da Doride chiunque vuole apprender arti di amore. Ella dirá come si debban fingere vezzi, sguardi, sembiante: la stessa natural forma del corpo sanno adulterare le sue pari. Chi è picciola di statura sa aggiugner sughero alle scarpe; chi è alta adopra una suola sottilissima ed inclina con grazia un pocolino il collo onde parer piú bassa. Tutte fanno le ciglia nere o bionde a loro piacere; dánno quel colore che piú bramano alle gote. Non hanno natiche, non hanno seno? Non importa: se non l'hanno avuto in dono dalla natura, sanno da chi comprarlo fatto dall'arte. Hanno qualche parte del corpo bella? Quella vi mostrano ad ogni momento; quella, o vogliate o non vogliate, vi vendono. Dride ride sempre, perché sa di aver denti bellissimi; Glicera, che li ha ineguali e non bianchi, tien sempre tra le labbra un ramoscello di mirto(434). Son queste dunque, o Clinia, le arti di quel dio che tu ci proponi a lodare?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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