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      - Diedi un'occhiata alle mie vesti. Ne volsi un'altra a lei, e mi parve che i suoi occhi dicessero tutt'altro.
      Mi parve! La furba non li fissava mai verso di me, ma li girava or verso l'uno or verso l'altro, e quasi compiacendosi delle dispute altrui e delle mie perplessitá.
      Finanche quel matto di Melanione ha ottenute piú compiacenze di me! Quel salentino che tu conosci, il quale si crede esser ricco d'ingegno sol perché non ha cuore, e si crede dotto di cuore sol perché non ha mente.
      Il mio cuore non poteva piú soffrire. Ho lasciati tutti gli altri che ancora disputavano; ho lasciato lei, per trattenermi con te. Toglimi, per Giove! questo peso di cento libbre che mi sta sul petto. Dimmi: questa donna potrebbe non aver altro che l'ipocrisia della virtú? Una veste di tarantinidia(436) simile a quella della sua cugina, e poi un'anima di creta?
     
     
     
      XLVIII
     
      DI CLEOBOLO A PLATONE
     
      [Per volere di Mnesilla, parte da Taranto.]
     
      Addio, Platone. Ella lo ha voluto, ed il sole di dimani mi vedrá fuori delle mura di Taranto. Ben altro che un comando di partire io mi aspettava da lei, la prima volta che mi avrebbe permesso di parlarle dell'amor mio! Ma ella lo vuole: tra otto giorni ti scriverò dal Sannio. Addio.
     
     
     
      XLIX
     
      DI CLEOBOLO A MNESILLA
     
     
      [Le dichiara una volta ancora il suo amore e il dolore d'esserle lontano.]
     
      Ebbene, crudele! a duecento stadi di distanza mi sará permesso trattenermi con te? A duecento stadi io ti vedo, io ti ascolto, tu sei con me, viva, presente, padrona sempre del mio cuore.
      Che ti dirò io del mio viaggio?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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