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      Questo stesso meschino castelluccio, in cui mi ritrovo, e che è tanto sciaurato che lo stesso nome non può entrare in un verso; in cui si vende, ed a caro prezzo, la piú vile tra tutte le cose, l'acqua(437); questo stesso castelluccio è divenuto ai miei occhi un angolo il piú ridente della terra. Qui io mi resterei eternamente, qui darei fine a' miei giorni: con mia madre e con te, io preferirei questo meschino abituro alle superbe cittá protette da Minerva e da Nettuno... E qual giorno mi potrebbero rammentare Atene e Taranto tanto lieto al mio cuore, quanto quello in cui io per la prima volta ho udito dirmi da Mnesilla che mi ama?
      Tutti si sono accorti della mia buona ventura. La stessa albergatrice questa mattina mi ha detto: - Il nostro ospite ha avute buone lettere dalla sua bella. Non è vero? - Sí, mia cara. - Eh! ben me ne era accorta io. - E poscia ha voluto saper tutta la nostra storia: ella mostrava tanto interesse, ed io era tanto espansivo per la letizia, che son divenuto ciarlone. Ella era tutta contenta, udendo la descrizione che io le faceva di te. Ma, quando poi ha visto il tuo ritratto, la mia buona appula dalla fisonomia muscolosa ed imbrunita dal sole(438) è andata in estasi, e non poteva saziarsi di lodarne or la bocca, sulla quale ella diceva spirare nel tempo istesso modesto e dolce il sorriso, ora quei capelli, ora quella fronte... E pure, o Mnesilla, ella né ti ha vista movere, né ti ha udito mai parlare!
      Io partirò domani: lascerò i Campi di Diomede(439). Simile a quei che varcano l'onda di Lete, io lascerò sulla destra sponda del Cerbalo tutte le mie pene.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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