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      Ma sospendete per poco li suoi pacifici e quasi muti lavori. Ove il solco è interrotto, ivi cangiasi la faccia della terra: la natura non da piú nulla alla vita de' mortali; alle nutritive biade succedono i bronchi e le spine, e le bestie feroci occupano la sede degli uomini che muoiono per fame. E voi guerrieri dite che dal vostro cenno dipende la vita degli uomini? e voi legislatori, che da' vostri ordini dipende la loro felicitá?
      Scorrete oggi il Sannio. Vi trovate tre milioni di uomini contenti, campagne ben coltivate ed abbondanza di tutto ciò che rende agiata la vita(471). L'utile fatica minora li vizi degli uomini: la virtú e l'abbondanza ne moltiplicano il numero. Ma non è stato sempre cosí. Noi siam figli de' sabini. I nostri antichi padri, i quali abitavan terre felici quanto le nostre, non conoscevano l'agricoltura e vivean di rapina. La fame li costringeva spesso a mandar fuori delle proprie sedi una parte della loro popolazione. Sceglievano i piú giovani, li consacravano a Marte e li spedivano sotto un condottiero a cercar ventura. Cosí noi occupammo quelle terre che ora possediamo; cosí noi bandimmo un'altra porzione della popolazione nostra, che passò ad abitare le falde dell'immenso Taburno; ed un'altra se n'andò anche piú lontano a dimorar ne' boschi di Lucania(472).
      Il primo, il quale, segnando un solco sulla terra, fece comprendere agli uomini ch'essi poteano trarre dal proprio lavoro una sussistenza piú sicura di quella che traevan dalla rapina, fu il solo, il vero fondator delle cittá, il primo ordinator di leggi.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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