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      Abbiamo tuttavia ne' nostri boschi mille frutti ancora selvatichi, che un giorno potrebbero, con cure piú diligenti, trasportarsi ne' nostri campi e ne' nostri giardini. Tali sarebbero, per esempio, quei pruni che ora appena ci degniamo adoprar per siepi(477). È vero che da taluno si crede aver noi giá compiuto tutto ciò che era in nostro potere di fare, talché dicesi gl'iddii in molte occasioni aver coi fulmini manifestamente disapprovato i nuovi e strani innesti che ai giorni nostri si sono tentati; ma io reputo questi vani augúri figli dell'inerzia e dell'invidia de' scioperati. Non vi è augurio il quale condanni l'utile fatica.
      Abbiamo introdotte ne' nostri paesi le piante che sembran date dalla natura solo alla Apulia ed alla Sicilia. Forsi un giorno verranno dall'Asia e dall'Affrica, ad esser nostre concittadine, anche quelle piante delle quali appena oggi conosciamo i nomi e le patrie.
      Abbiamo tentati e vinti molti siti; ve ne rimangono ancora molti altri a tentare. Voi greci credete che l'ulivo non prosperi alla distanza di quaranta miglia dal mare; tempo fa lo credevamo anche noi, e gli abitanti delle Mainardi e della Maiella eran costretti a comprar l'olio dagli abitatori delle terre vicine al mare. Il mio amico Licinio ha voluto introdurre l'ulivo nella sua patria. Egli era cittadino di Venafro. Dopo lunghe ricerche, tra le tante specie di questa utile pianta, ne ha ritrovata finalmente una capace di sostenere il freddo delle paterne montagne; e l'olio di questo ulivo non cede all'olio de' salentini e de' tarantini(478).


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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