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      Era questa la bellezza della mente.
      Imperciocché la bellezza eterna, della cui vista si bean le menti nel cielo, non è che l'unione di tutte le virtú. Gl'iddii diedero al piú acuto de' nostri sensi, all'occhio, il vedere e riconoscer la bellezza esterna: non ci diedero un senso piú acuto dell'occhio, onde poter conoscer la sapienza, della quale, se veder si potesse, non vi sarebbe cosa piú bella; ma vollero che attraverso della bellezza esterna del corpo trasparisse qualche raggio della bellezza interna della mente, e perciò diedero agli uomini il sermone, onde le forme della mente si comprendono. Vano però sarebbe stato il dono della parola, se l'amore, frenando colla venerazione della bellezza l'impeto cieco e feroce. de' desidèri sensuali, non avesse resi gli uomini capaci di udirla.
      L'uomo irato esulta agli accenti dell'inimico vinto che implora pietá; l'avaro si rallegra ai sospiri del bisognoso, e, congratulandosi con se stesso, dice: - Io avrò minor numero di bisogni: siamo tanto piú avari. - E noi - disse l'alto consiglio degl'iddii, - noi ispireremo agli uomini una passione piú forte di quella dell'oro, di quella della vendetta, piú forte di tutte le altre che ora per soverchio impeto lo accecano, lo traviano; e di questa stessa fortissima passione useremo per ridurlo sotto le leggi della beata ragione. - Mercurio insegnò agli uomini ad esporla questa ragione; ma Amore, Amore solo insegnò, ciò ch'era piú difficile, ad udirla. I santi patti delle nozze, le dolci cure de' figli, l'amor della stanza domestica e della quiete, onde son derivate tutte le arti alimentatrici della vita e tutte le leggi ordinatrici della cittá, nacquero allora.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Amore Amore Mercurio